Cosa dobbiamo fare se un ragazzo o ragazza non ha ancora trovato uno sport da fare che gli piace? Spesso i genitori, scambiando opinioni e impressioni tra di loro, sono indirizzati dalle loro stesse convinzioni, dal fatto che l’amico o l’amica vanno lì…, dal seguire le orme del padre o della madre e così via.
Cercherò di dare alcune informazioni per aiutare i genitori a capire cosa può fare più chiarezza, per dedurre e creare uno o più indirizzi motorio-sportivi per i loro figli.
Cominciamo dalle età cosiddette “neutre” o “ludiche”.
4-6 anni: l’egocentrismo ancora evidente invita alla presa di confidenza con tutto ciò che è gioco, con materassi, acqua, percorsi, relazioni con altri compagni che vogliono essere comunque i migliori e, se possibile, sempre primi, pur adattandosi alla concorrenza, nel 90% la paura di certe prove, anche se esiste, la si supera o non influenza più di tanto, alle volte non c’è proprio, lasciando il posto a una sana ma attenta, da parte degli educatori, mancanza di calcolo dei pericoli che, sempre da parte degli educatori, vanno prevenuti e indicati ma senza proibire le prove e nemmeno obbligare a svolgerle. A queste età i bambini amano “fare di testa loro” pur, se bene educati e seguiti, con regole il più possibile semplici. Il gioco e la presa di confidenza con il proprio corpo e quello dei compagni sono comunque le vie maestre. Bisogna cercare di creare confidenza anche con l’ambiente “acqua”: gli esseri umani sono tutti “nuotatori” potenziali, anche se faranno altri sport.
7-9 anni; non cominciano le specializzazioni agonistiche salvo che in alcuni sport ad elevato controllo neuromotorio, come la ginnastica artistica o ritmica, la scherma e altri. In questi casi gli educatori dovrebbero possedere un occhio “tecnico” soprattutto per i bambini o le bambine tra i 6 e gli 8 anni e far provare (è il momento migliore) alcune lezioni, semmai in altre sedi, in accordo con i genitori; un futuro campione ha sempre una marcia in più, ma non deve essere mai forzato in queste età, comunque motivato, anche da se stesso. Conta molto anche l’ambiente e il personale presente nelle prove, il quale dovrebbe far capire di essere un consigliere, anche se esigente, e un grande esperto in quello sport. Il calcio ed il nuoto, a queste età, sono generalmente gli indirizzi più gettonati, ove sia possibile, il primo per il grande apporto di divertimento e di spirito sociale arricchito dall’individualità, il secondo perché i genitori sanno, spesso su consiglio medico, corretto, che aiuta a crescere bene fisicamente. Gli sport di squadra, simili e, per me, spesso superiori come arricchimento pedagogico, al calcio, cominciano a questa età il loro cammino evolutivo, mai esasperato come nella ginnastica artistica evoluta, e molto duraturo, anche per tutta la vita, come il mitico calcetto per i mariti di tutte le età. La regina degli sport, ovvero l’atletica leggera, sport individuale per eccellenza, attira sorniona i suoi atleti, le cui potenzialità organico-muscolari, soprattutto tra i 9 e i 14-15 anni, man mano si indirizzano alle varie specialità, in quanto sono molto correlate a costituzione fisica, temperamento, forza, carattere; anche se camminare e correre fa bene a tutti, ma sempre in relazione alle proprie capacità. A mio avviso è veramente la regina degli sport, in quanto mette in evidenza, in modo comprensibile a tutti, capacità e potenzialità umane nelle espressioni più dirette: forza, potenza, resistenza, velocità etc… Chi non ha velleità agonistiche, dopo i 9 anni può, e dovrebbe, cominciare a frequentare con regolarità una o più attività motorio-sportive, conciliandole con lo studio, magari anche della musica e gli amici, attraverso le classiche tre-quattro ore distribuite nella settimana, inserendoci comunque un po’ di nuoto. Non consiglio, a queste età, di seguire i genitori nel jogging o nelle uscite in bicicletta domenicali, ma magari giocare insieme a loro con il pallone, pattinare, sciare ove possibile, passeggiare a piedi o in bici a meno che, intorno ai 15 anni, è evidente la passione per le due ruote o la corsa più o meno prolungata. Ideale potrebbe essere, la ginnastica artistica, per lo sviluppo della destrezza coordinativa unita alla forza e alla mobilità, un gioco di squadra che diverta ed appassioni, l’immancabile nuotata e, nelle stagioni propizie, impegnarsi in altre discipline, come sci, vela, canoa
Se è vero, come è vero, che lo sport di medio e alto livello agonistico, ha bisogno di motivazioni e di stimoli adeguati cerchiamo di capire, in pratica, cosa possono fare i genitori, cominciando dalla spiegazione generale dei termini.
La motivazione, ovvero l’energia che muove le azioni e la volontà di eseguirle, si origina principalmente da fattori esterni (esogeni) e interni (endogeni). Degli esogeni fanno parte, in sunto, l’ambiente più o meno propizio, il coinvolgimento affettivo verso genitori, parenti, istruttori, amici o partners, il plagio indotto in buona (speriamo mai cattiva) fede dalla passione di chi si ammira, si stima o fa da modello di riferimento da imitare. Degli endogeni fanno parte il temperamento e l’intelligenza, che poi svilupperanno il carattere, più o meno corrispondenti a caratteristiche fisiche, tecniche e neuromotorie dei vari sport ed al nutrimento della personalità che questi possono trasmettere all’atleta, la disponibilità mentale (cosiddetta “testa”), che permette di superare, specie nell’alto agonismo, allenamenti, diete, concentrazioni, fatica, sconfitte, a volte allenatori, compagni di allenamento e…..vittorie, con lealtà, altruismo e spirito competitivo, anche se non si arriva primi. Il tutto, ovviamente, condito da una disponibilità costituzionale di carattere morfo-funzionale. Anche se possibile, è difficile che un individuo alto più di due metri, possa vincere un’olimpiade nella ginnastica artistica.
Dalle motivazioni nascono gli stimoli, la cui unica condizione è quella di essere adeguati al livello che si vuole e soprattutto si può raggiungere.
L’adeguamento dipende:
* Dalla preparazione tecnica e soprattutto umana degli allenatori, i quali devono saper lavorare ai livelli richiesti, anche per trasferire motivazioni esogene adeguate, non devono dare illusioni ma nemmeno eludere speranze, lavorare con entusiasmo indipendentemente dalle contingenze personali o logistiche, essendo leader democratici ma esigenti e direttivi
* Dall’impiantistica corrispondente ai criteri di lavoro tecnico (chi lavora nella ginnastica artistica, ad esempio, sa quanto conta)
* Dalla programmazione e dal tempo dedicato agli allenamenti ed ai recuperi, che variano tra sport e sport e relativi livelli
* Dalla volontà e dalla passione di tutti
* Dalla possibilità di tutti gli allenatori di sentirsi gratificati dalla Società e della Istituzioni indipendentemente dagli sport che insegnano, più o meno di nicchia o remunerativi
* Dal fatto che certi sport, anche per i gli alti livelli che fanno onore allo Stato, hanno bisogno ancora dei sacrifici delle famiglie e non compaiono mai o quasi mai sui mass-media nazionali
Concludo affermando che la scelta di uno o più sport, è una libertà personale e sociale, adeguata al giovane che vi si accosta, purtroppo in alcuni e più casi anche dalle possibilità economiche della famiglia, che può condurre agli alti livelli agonistici se ben supportati, ma non deve o dovrebbe mai essere dissociata dal piacere, dall’entusiasmo, dal divertimento e dalle giuste dosi.
Di: prof. Claudio fASSARI (docente IUSM, Federitalia, Preparartore sportivo, Psicologo)