IL PARKOUR: dall'approccio motorio all'approccio psicopedagogico
Autore
Stefano Iandolo, Master Trainer Parkour Alta formazione Fitness
Il parkour è una disciplina che permette di idealizzare le problematiche della vita come ostacoli da superare, aiuta a concepire come si può affrontare la vita in maniera diversa.
Nel campo sociale, il parkour può insegnare molto. La sua filosofia infatti prevede numerosi aspetti:
1. NON VI E’ COMPETIZIONE TRA ATLETI, MA CON LE PROPRIE PAURE.
Una persona bloccata mentalmente dalle paure, non può progredire nelle attività.
Il parkour aiuta lo sblocco mentale e ad acquisire maggiore fiducia in se stessi.
2. VI E’ IL RISPETTO DELLA NATURA E DELL’ARREDO URBANO.
Il parkour insegna a rispettare il mondo e a considerarlo il nostro parco giochi; insegna a non deturpare l’ambiente circostante che può essere utilizzato come luogo di allenamento.
Non si vedrebbero in giro tante persone che rovinano l’arredo urbano ma atleti rispettosi che infondono la concezione del venerare l’ambiente tramite evoluzioni che ricordano, a prima vista, movimenti agili di natura animale, come scalare un muro a mani nude, saltare un muretto o cancello, ecc. ecc.
Ciò fa intuire che la società ha imposto un tipo di educazione che ha represso i nostri istinti primordiali, facendo sentire inadatto un impulso naturale.
A questo punto, porgo delle domande a chi considera a livello educativo “inadeguato” il parkour.
Quanti ragazzi chiusi ed insicuri, con lo sguardo assente, praticanti di nessuno sport, si sono sentiti liberi di esprimere le loro emozioni e sensazioni esternandole con facilità attraverso movimenti fluidi che permettono di volare di fantasia e atterrare “senza farsi male” nella realtà di tutti i giorni?
Quanti ragazzi non hanno seguito le “piaghe” della società, le cattive abitudini, la “vita di strada” grazie al parkour?
Quanti ragazzi si sono sentiti vivi in una città morta che non offre nessuna distrazione genuina ai giovani?
3. NON SI ABBANDONA NESSUNO.
Durante gli allenamenti, i compagni non si abbandonano. Si inizia e si termina la sessione di allenamento, aspettando che tutti completino il percorso per poi poter proseguire. Tra gli atleti si instaura un rapporto come se si creasse una seconda famiglia.
In un mondo dove l’indifferenza è all’ordine del giorno, quanti ragazzi hanno la pazienza e la costanza di aiutarsi l’un l’altro?
Quanti ragazzi solitari si sono ritrovati come in una seconda famiglia?
Storia del parkour.
Il parkour è una disciplina metropolitana nata in Francia agli inizi degli anni ’90.
Consiste nell’eseguire un percorso, superando qualsiasi genere di ostacolo vi sia presente con la maggior efficienza di movimento possibile, adattando il proprio corpo all’ambiente circostante, naturale o urbano.
Il parkour trae ispirazione dal metodo naturale di Georges Hebert, ufficiale della marina francese che sviluppò un particolare metodo di allenamento per l’addestramento delle truppe il cui motto è : “ESSERE FORTI PER ESSERE UTILI”.
Il principio alla base del metodo hebertiano è che il miglior modo per allenare un uomo sia facendolo abituare ed esercitare ai movimenti naturali che sa fare, in situazioni che la natura gli presenta e gli richiede.
Il passaggio dal metodo militare al parkour è dovuto a David Belle, figlio di un pompiere addestrato proprio col metodo di Hebert, che fin da giovane sperimenta percorsi e tracciati.
David, costretto ad abbandonare la carriera da pompiere per via di un infortunio al polso, ancora innamorato del movimento, unisce le sue esperienze agli insegnamenti dell'hebertismo in una vera filosofia e fonda così il parkour, che risulterà più funzionale degli stessi addestramenti militari precedenti.
Il parkour arriva in Italia attorno al 2005, sviluppandosi molto grazie al web.
Tra gli appassionati, tale disciplina non è considerata solo uno sport ma anche una applicazione sociale.
In seguito, sono nate molte associazioni nazionali, sia italiane che estere. Il parkour viene utilizzato anche per mostrare un modo reale, alternativo ed intelligente di sfruttare con rispetto gli spazi periferici, abbattere le barriere architettonice (con FIABA, il Fondo Italiano impegnato nell’Abbattimento delle Barriere Architettoniche) ed in genere per fare sviluppare nei giovani un sano rispetto dell’ambiente ed una critica ricerca su se stessi.
Col passar degli anni, il parkour si è evoluto svolgendosi anche tramite corsi nelle palestre, con materiale apposito in modo da creare sicurezza e fiducia verso chi è alle prime armi con i salti.
Per invogliare i ragazzi ed avere più dimestichezza, a livello nazionale, si organizzano raduni con ospiti famosi esperti nel settore (alcuni di loro han svolto anche il ruolo di controfigura nel mondo del cinema).
Ciò permette ai ragazzi di “crescere”, apprendere nuove tecniche, nuovi trucchi e segreti, se non altri metodi di esecuzione più efficaci delle varie tecniche di salto.
Oltre questo, permette ai giovani di confrontarsi con nuova gente, condividere pensieri ed esperienze personali; è così che nascono nuove amicizie a livello nazionale, se non europeo , in modo da instaurare gemellaggi tra le varie associazioni.
Questi raduni permettono anche ai ragazzi di girare il mondo, portando nelle “città ospitanti” una visione turistica ed economica maggiore, come se si trattasse di una esperienza ERASMUS.
La cosa notevole del parkour è che crede nel RICICLO dei materiali inquinanti.
Nelle costruzioni di “parkour- park” , si possono costruire ostacoli con materiali particolari come vecchi pneumatici delle auto, pallet di legno, tubolari, ecc.
si instaura nella mente una sorta di vena artistica, non solo nei movimenti ma anche nel montaggio di ostacoli con materiali “poveri”.
Vi avviene una sorta di “rinascita”, sia da parte dell’atleta in senso fisico, spirituale e caratteriale che da parte dei materiali… Come quando dall’argilla , modellandola, si possono creare vasi e altri tipi di capolavori.
Noi siamo i capolavori di noi stessi, dobbiamo solo idealizzare in cosa vogliamo modellarci.
La prima fase della rinascita avviene con la consapevolezza che l’uomo ha smesso di essere naturale, è pieno di schemi e percorsi già scritti, chiuso in una gabbia invisibile impiantata nella mente, impercettibile dalla vista ma presente nella quotidianità.
Gli uomini ormai sono schiavi di un labirinto, non hanno più la concezione che il mondo sia un parco giochi e ci si possa divertire.
Personalmente parlando, e ritrovandomi in tutto il pensiero che ho esposto, vorrei precisare che il parkour può essere finalizzato come mezzo di soccorso o di autodifesa (da qui il concetto di essere forti per essere utili).
In altre nazioni come Francia, Inghilterra, ecc. il parkour viene insegnato ai pompieri, alle forze armate speciali, polizia e associazioni di pronto soccorso.
Questo per rendere in modo più celere ed efficace un soccorso improvviso o per scappare da una situazione critica. Può essere utile se qualcuno voglia aggredirci, accoltellarci, rapinarci, o per impiegare meno tempo prezioso in un soccorso (tipo quando una persona ha un malore e si trova in una postazione e posizione non agevole: il primo piano di un palazzo, un incendio, ecc).
Ovviamente in tale disciplina ci sono le pecore nere che facendo azioni incoscienti o insensate, macchiano tutto il buono che c’è nel parkour. La novità spaventa, ma la cosa peggiore è il non informarsi della novità, rimanere “ignoranti” e puntare subito il dito senza poter dare spiegazioni. Spero un giorno che l’Italia si svegli e concepisca la profondità e l’utilità che possa infondere questa disciplina.
A me personalmente è stato utile, mi ha realmente salvato da un periodo di brutti pensieri e depressione e mi ha insegnato a scaricare il nervosismo, a credere in me stesso e a non arrendermi mai.
Altre persone avrebbero trovato conforto in un bicchiere d’alcool o nella droga... io ho preferito trovare conforto nel mio amore per lo sport.
Tramite l’insegnamento, spero di aiutare più ragazzi possibile e, nel mio piccolo, fare del bene ed unire tutti i sentimenti positivi tramite lo sport, in particolare il parkour.