Autore
Alessandro Pilorci, Basic Personal Trainer - Alta Formazione Fitness
INTRODUZIONE
Vi siete mai chiesti come si allena un motociclista? Che sia pilota di velocità, enduro o cross... Vediamo oggi di capire in che modo il corpo umano reagisce agli stimoli dati dallo sport del motociclismo, la preparazione psicologica e motoria che un pilota deve raggiungere. I motociclisti hanno numerose esigenze fisiche per poter guidare al meglio le proprie moto. La maggior parte delle persone pensa che basti salire su una motocicletta e effettuare svariati giri di pista per vincere le gare. Non è proprio così, in quanto dietro a ogni pilota c’è una preparazione fisica ben dettagliata.
Un pilota deve essere considerato come un vero e proprio atleta. Questo perché in ogni gara, in ogni giro di prove libere, esso rischia la vita. Guidare una moto con un peso tra i 150 e i 250 kg in pista o su sterrato, portarla in staccata, che in gergo tecnico sta a significare inserire la moto in curva frenando molto forte, richiede una persona forte e stabile. Nel cross o nell’enduro dove il tracciato presenta forti irregolarità e al 90% tratti con poco grip o addirittura su roccia o legna, richiede una grande capacità coordinativa, una grande resistenza e forza esplosiva.
Possiamo quindi affermare che i piloti devono avere le seguenti qualità fisiche:
o Resistenza muscolare
o Agilità
o forza di base
o flessibilità
o tempi di reazione rapidi
ALLENAMENTO
Fatta questa premessa, ecco come è possibile impostare un allenamento fisico di base per un motociclista, che sia lo smanettone della domenica o un pilota.
1. Il modo migliore di iniziare un allenamento è dedicare almeno 10/15 min ad un buon riscaldamento e mobilità. E’ fondamentale preparare i muscoli allo stress, riscaldare le articolazioni e assicurarsi che il fisico sia pronto ad un allenamento total body.
2. E’ fondamentale per un atleta/pilota avere una buona mobilità, è indicato infatti eseguire sedute di allenamento con il metodo PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), detto anche stretching propriocettivo, è una metodica di allungamento muscolare nata in ambito riabilitativo, ma che attualmente si sta diffondendo anche in ambito sportivo. Questa pratica trova impiego in tutte le situazioni in cui viene compromessa (per infortunio, allenamenti errati o blocchi della motilità) l’estensibilità muscolare. I piloti in carriera subiscono svariati infortuni che daranno poi problemi anche di tipo muscolare e di tensioni. Questo tipo di stretching è consigliato per 10’-15’ in ogni seduta come Warm Up.
3. Si comincia poi con il riscaldamento vero e proprio a corpo libero, dove molto spesso è utile un elastico e pesi leggeri. Si comincia cosi a lavorare con esercizi che mobilizzano e riscaldano le articolazioni di spalle, gomiti e polsi, per poi passare a mobilizzare la schiena, le anche, le ginocchia e le caviglie. Slanci delle gambe, circonduzioni, piegamenti, affondi sono utili nel riscaldamento degli arti inferiori. Si passa poi al riscaldamento e potenziamento del core, lavorando quindi su tutto l’addome, schiena e lombari.
4. A questo punto si passa al vero e proprio allenamento, che si decide in base alle esigenze del momento o in base alle mancanze dell’ atleta/pilota.
I piloti devono essere molto forti ma anche resistenti, quindi il lavoro consigliato è eseguire dei CIRCUITI TOTAL BODY dove si utilizza un solo attrezzo con il quale si eseguono diversi esercizi. Praticamente con questa tipologia di lavoro si risparmia tempo e si raccolgono due piccioni con una fava. E’ possibile utilizzare bilanciere, kettlebell, sandbag palle mediche, clubbell, ecc. Sull’utilizzo di questi attrezzi in un total body è fondamentale avere dei protocolli di allenamento mirati. E’ fondamentale stabilire il tipo di protocollo a seconda delle esigenze, ma possiamo dire che di base possiamo scegliere 5 esercizi fondamentali e distinti per ogni grande fascia muscolare.
Esempio:
o Gambe
o Dorso
o Addome
o Petto
o Spalle
Sono molto importanti in questi circuiti i tempi di recupero e il carico che deve essere calibrato, in quanto se è troppo leggero il circuito sarà troppo facile e poco allenante. Non deve essere neanche troppo pesante, quindi saranno necessari tentativi per individuare il giusto peso. Nel corso degli allenamenti poi lo si potrà aumentare di qualche kg per aumentare l’intensità dell’allenamento.
PROTOCOLLI DI ALLENAMENTO E METODO HIIT (High Intensity Interval Training)
Partiamo col dire che il genere umano si è evoluto per muoversi lentamente, sviluppando anche discrete capacità di muoversi molto rapidamente per brevi tratti, e NON per correre su lunghe distanze. Lancio una frecciatina a tutti coloro che credono che per fare i piloti bisogna andare in bicicletta e percorrere grandi distanze. In considerazione delle attività svolte dai nostri antenati, sulla base delle quali si sono strutturati nel DNA i sistemi energetici che ne hanno consentito la sopravvivenza e l’evoluzione, l’ ideale sarebbe dunque disegnare un piano di allenamento caratterizzato da attività aerobica a basso-medio impatto (come camminare a passo sostenuto) intervallata da “picchi di intensità elevata” (“sprints”, o qualunque altra attività purchè effettuata ad alta intensità) della durata di 20-30-40 secondi.
“L’ High Intensity Interval Training descrive una modalità di esercizio caratterizzata da brevi e intermittenti esplosioni di vigorosa attività, inframmezzate da periodi di riposo o di bassa intensità. Le modalità di esecuzione, così come gli adattamenti fisiologici indotti da questa forma di esercizio, sono variabili in relazione ad una molteplicità di fattori, quali la precisa natura dello stimolo utilizzato, l’ intensità, la durata e il numero degli intervalli eseguiti, così come anche la durata e il pattern di attività durante le fasi intercritiche di riposo (tra un burst e l’ altro).”
(Cit. Project Invictus)
Le variabili coinvolte in un protocollo HIIT sono molteplici:
o Tempo
o Intensità
o Recupero
o Modalità di workout
o Numero di ripetizioni
o Numero di serie
o Eventuale recupero tra le serie
Se correlato ad un tradizionale training di resistenza l’ HIIT si è dimostrato superiore nell’ indurre alterazioni positive a carico dei markers di performance e salute-correlati. Burgomaster (2008) e Gibala (2006) hanno dimostrato che solo 2 settimane di HIIT sono in grado di determinare un aumento della capacità ossidativa del muscolo scheletrico, come dimostrato sia da un incremento dell’ attività massimale che dall’ aumento del contenuto di enzimi mitocondriali. In aggiunta all’ aumento della capacità ossidativa, altri adattamenti documentati nel muscolo scheletrico dopo alcune settimane di HIIT sono stati:
– un aumento del contenuto di glicogeno a riposo,
– una riduzione del tasso di utilizzo del glicogeno e della produzione di lattato durante l’ esercizio,
– un incremento della capacità (sistemica e del muscolo scheletrico) di ossidazione dei lipidi,
– un miglioramento a carico di struttura e funzione del sistema vascolare periferico,
– un miglioramento della performance (misurata mediante “time-to-exhaustion” test),
– un aumento dell’ uptake massimale di ossigeno
Non vi sono regole precise da rispettare. Una formula comunemente utilizzata indica orientativamente un rapporto di 2:1 tra la durata della fase ad alta intensità e la durata della fase di recupero (ad esempio 20 secondi di esercizio e 10 secondi di recupero), ma il rapporto tempo attivo/tempo di recupero può essere ampiamente variabile. In relazione a questi due parametri, la durata di una seduta di HIIT può avere una durata variabile tra 4 e 30 minuti. Sconsiglio vivamente di superare i 30 minuti per non incorrere in fenomeni di eccessivo stress ossidativo, breakdown muscolare e aumento del rischio di infortuni.
Attualmente i regimi maggiormente validati in ambito scientifico sono i seguenti:
o Protocollo Tabata.
Si tratta di una versione di HIIT basata su un lavoro scientifico del Prof. Izumi Tabata (1996). Il protocollo prevede 20 secondi di esercizio ultra-intenso, svolto approssimativamente al 170% del VO2max, seguiti da 10 secondi di riposo. Il loop deve essere ripetuto per 4 minuti, così da svolgere 8 picchi di attività ultra-intensa.
o Protocollo Gibala.
Basato su studi durati anni del team del Prof. Martin Gibala. Pubblicato nel 2009. Il protocollo prevede 3 minuti di riscaldamento, 60 secondi di attività fisica intensa (al 95% del VO2max) seguiti da un recupero di 75 secondi. Il tutto ripetuto per 8-12 volte. Nel 2011 Gibala ha pubblicato su Medicine & Science in Sport and Exercise una modalità più “soft” del suo regime, intesa per soggetti sedentari o inattivi da oltre un anno, costituita da un warm-up di 3 minuti, picchi di 60 secondi con 60 secondi di recupero ripetuti per 10 volte, e 5 minuti di defaticamento.
o Protocollo Timmons.
James Timmons, professore di Biologia dei Sistemi presso l’ Università di Loughborough, ha proposto nel 2012 un protocollo basato su 3 picchi di 20 secondi di pedalata sostenuta al massimo sforzo possibile, alternati da 2 minuti di pedalata blanda.
Quest’ultimo ha dimostrato di poter indurre drammatici miglioramenti nella sensibilità insulinica (incrementi del 24%) se effettuato 3 volte a settimana, per un totale settimanale di soli 21 minuti! Ovvero 3 (si, tre!!) minuti di esercizio intenso a settimana. Ad onor di cronaca, tuttavia, è il protocollo Gibala ad aver dimostrato il massimo beneficio sulla sensibilità insulinica, con un miglioramento pari addirittura al 35% dopo 2 settimane.
L’ HIIT è una modalità di allenamento estremamente versatile, che può essere svolta non solo sotto forma di scatti o alla cyclette, ma anche con ausilio di altri strumenti, come una corda per il salto, manubri, o anche in modalità Crossfit e Calisthenics. Un esempio di HIIT workout che utilizzi il metodo Gibala, ad esempio potrebbe essere il seguente:
o 3-5 minuti di riscaldamento (salto con la corda);
o 1 minuto di Jump Lunge e 1 minuto di salto con la corda;
o 1 minuto di Box Jump e 1 minuto di salto con la corda;
o 1 minuto di Dumbbell Renegade con Push-ups e 1 minuto di salto con la corda;
o 1 minuto di kettlebell press e 1 minuto di salto con la corda;
o 1 minuto di Dumbbell Uppercuts e 1 minuto di salto con la corda.
Riferimenti bibliografici: (Burgomaster 2005, 2008; Gibala 2006; Rakobowchuk 2008; Izumi Tabata 1996).
APPLICAZIONE NEL MOTOCICLISMO
Abbiamo visto vari metodi di allenamento ad alta intensità, ma sono applicabili a un pilota? Sicuramente sono salutari in generale per tutti, ma per un motociclista e soprattutto un pilota che vuole intraprendere un campionato, sono allenamenti performanti?
La risposta è molto semplice, SI. Ovviamente per guidare una moto non basta una buona prestanza fisica, un personal trainer può migliorare le capacità fisiche e coordinative del soggetto che ne fa richiesta, non le doti naturali. Chi nasce con un buon “manico” sicuramente avrà vita facile in circuito, ma ripeto, sono doti naturali.
Partiamo da un soggetto medio, il cosiddetto “ ragazzo medio”. Tanta passione, tanta voglia di correre, magari una moto molto competitiva, che però dopo 5 giri di pista presenta avambracci rigidi, dolori alla schiena, sensazione di pesantezza nelle gambe, fiatone e battiti cardiaci alle stelle e a stento porta a termine una sessione da 7-10 giri.
E’ possibile rimediare a tutto questo senza passare ore e ore in bicicletta o a correre lunghe maratone (quindi un duro lavoro aerobico)?
Ebbene, come detto sopra, un lavoro total body a circuito abbinato ad un allenamento HIIT può fare la differenza e di gran lunga superare i classici metodi di allenamento.
Considerando che mediamente un allenamento HIIT dura tra i 4 e i 30 minuti, consideriamo un tempo di 5-10 minuti per un buon riscaldamento e mobilità e altri 10-15 minuti per un defaticamento e stretching. In meno di un ora ci siamo allenati, abbiamo perso massa grassa, aumentato massa magra e a seconda del protocollo di allenamento abbiamo aumentato forza, potenza, resistenza e coordinamento motorio.
Abbiniamo un allenamento HIIT ad un allenamento in moto (che siano prove libere in circuito o giornate di enduro) ed il gioco è fatto. Se poi curiamo anche un minimo l’alimentazione possiamo raggiungere dei livelli di benessere estremo.
CROSSFIT E CALISTHENICS
E’ doveroso soffermarci sulle ultime “mode” del momento. Metodi di allenamento molto diversi il Crossfit e il Calisthenics, ma ugualmente funzionali? Partiamo con il più in voga tra ragazzi e ragazze di tutte le età, il Crossfit è uno degli allenamenti più completi esistente al mondo. Va specificata però una cosa, è fondamentale una buona preparazione atletica già di base per entrate in una “classe” ed eseguire i protocolli richiesti dagli istruttori. Oppure è opportuno partire dalle basi con un istruttore capace e competente che non spinga oltre i propri limiti fisici l’atleta (inizialmente), per evitare infortuni vari. Possiamo dire che il Crossfit include tutti i metodi HIIT sopra descritti e inserisce esercizi di base, come lo stacco e lo squat, per lo sviluppo di una buona forza di base. Il Calisthenics invece, ancora giovane come disciplina, ha un approccio completamente differente. E’ più “calmo” con ritmi di lavoro meno esasperati e chi lo pratica sfrutta i principi base della ginnastica artistica, sviluppando una grande forza, una grande mobilità articolare e un forte senso di equilibrio. Ogni esercizio è propedeutico allo sviluppo di un esercizio più impegnativo, step by step, partendo da esercizi di base si arriva a sviluppare skills (abilità) sempre più complesse. Per aggiungere un’ attività cardiaca intensa, un allenamento calisthenico può essere effettuato a circuito o seguendo i diversi protocolli HIIT.
Entrambi gli sport sopracitati possono aiutare il nostro motociclista medio a sviluppare le competenze motorie necessarie in pista o sterrato, ottenendo ottimi risultati in entrambi i casi. È a discrezione personale decidere quale strada intraprendere, se la corsa o la bicicletta se il Crossfit o il Calisthenics se il fitness o la pesistica, o se intraprenderli tutti. L’unico consiglio utile che mi sento di dare è quello di rivolgersi in ogni caso a Coach preparati e che vi seguano nel modo giusto.